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La performance strumentale richiede, infatti, il controllo puntuale di diverse azioni pianificate gerarchicamente.

Tali azioni si svolgono con le dita di entrambe le mani e talvolta pure con i piedi, nel timing sequenziale, nel feedback sonoro scaturito da ogni sequenza motoria, che porta a sua volta verso modalità di autoregolazione motoria o posturale e chiama in campo sistemi di orientamento visuo-spaziali. a performance strumentale richiede, infatti, il controllo puntuale di diverse azioni pianificate gerarchicamente.

Il sistema simbolico alla base della scrittura musicale deve essere codificato attraverso un apparato attentivo performante.

L’attenzione, infatti, viene sollecitata dall’esercizio continuo e prolungato che di solito accompagna la pratica musicale.

A differenza di una lingua, però, la musica non è associata a un contenuto semantico fisso e connotabile.

Un contenuto di questo tipo, che fornirebbe un appiglio concreto alla memoria, afferisce, però, a contenuti variabili e astratti, che costringono a mettere in atto sistemi di valutazione basati su associazioni sinestetiche ed emozionali.

Questa abilità è comune alla maggior parte degli individui sin dalla prima infanzia.

Un bambino di pochi mesi è in grado di battere un ritmo, di muoversi al suono della musica o, nel caso in cui abbia iniziato la fase di lallazione musicale, di inventare una sua melodia.

NELLA VITA PRENATALE

D’altronde alcune competenze musicali si sviluppano già nella vita prenatale. 

L’orecchio inizia a funzionare intorno alla ventiquattresima settimana di gestazione quando il feto è immerso nel bagno sonoro intrauterino.​

A questi stimoli, anche se filtrati dal liquido amniotico, reagisce con variazioni del battito cardiaco e con movimenti delle palpebre, del capo, degli arti e del tronco.​

Sarà proprio questa esperienza che condizionerà il suo sviluppo psichico e che stabilirà la prima forma di scambio e di legame con l’ambiente circostante, sia fisico e sia umano.​

Secondo alcune ricerche sembrerebbe che, a partire dal settimo mese di gravidanza, si possano rintracciare nel feto anche alcune forme di apprendimento e memoria nei confronti di messaggi musicali.​

TRA GENETICA E INFLUENZA AMBIENTALE

L’ipotesi più accreditata è che tutti nasciamo musicali, con una dotazione genetica alla musica.​

Le abilità musicali che manifestiamo in seguito dipendono poi da fattori diversi, primi fra tutti un ambiente stimolante, capace di alimentare e rinnovare l’interesse, e una buona educazione che, senza imposizioni, incoraggi il bambino ad assorbire la cultura musicale alla quale viene esposto.​

Attraverso quindi un processo di acculturazione fin dai primi giorni di vita è possibile incidere profondamente sulle capacità di capire e apprendere la musica di ciascun individuo.​

Si ritiene che in paziente con forme congenite di amusia (deficit nella percezione della musica) ci sia un legame tra la malattia e la mancanza di ascolto musicale durante la prima infanzia, soprattotto in genitori amusici.

Le ricerche di Chang e Tehub indicano che già a 5 mesi i bambini sono sensibili alle strutture sequenziali e ai cambiamenti ritmici. 

Usando gli organi fono-articolatori, sono in grado di produrre suoni di varia natura come la tosse, i gorgoglii e il pianto.​

L’IMITAZIONE DEI MODELLI VOCALI

Il successivo sviluppo dell’apparato uditivo intorno ai 3 mesi permette loro di ascoltare i suoni che loro stessi producono e, attraverso il feedback acustico, di modificarli quando necessario.​

Intorno ai 2/6 mesi il bambino è in grado di imitare i modelli vocali proposti quotidianamente dall’ambiente circostante.​

Ha inizio così la fase di lallazione e la comparsa di prime manifestazioni cantate (musical babbling o lallazioni musicali) con variazioni in altezza e glissati micro tonali e prive di variabilità fonemica perché intonate di frequente su un’unica vocale.​

Questa fase, in cui il bambino riproduce una serie di suoni anche estranei alla lingua materna, ma comunque percepiti dall’ambiente sonoro circostante, si prolunga fino agli 8/9 mesi, periodo in cui il bambino impara a rispettare l’alternanza dei turni e a prepararsi al successivo sviluppo conversazionale.​

Prima dei 2 anni i bambini sono spesso in grado di associare determinati gesti con la musica all’ascolto delle canzoni d’azione.​

Solo a partire da questa età il bambino diventa cosciente delle sue capacità comunicative e di relazione con l’ambiente. ​

Le acquisizioni di tipo vocale, gestuale e cognitivo nel primo anno di vita, precedono la fonazione delle prime parole favorendo lo sviluppo della sincronia interazionale osservata già nei neonati di circa dodici ore.

LA COMPARSA DEL CANTO SPONTANEO

La manifestazione più evidente che si verifica dopo il primo anno è la comparsa del canto spontaneo, la cui caratteristica principale è l’utilizzo di altezze tonali discrete e stabili.​

Con l’approssimarsi del secondo anno di vita i bambini aumentano le esplorazioni vocali attraverso l’utilizzo di intervalli (anche se ancora del tutto approssimativi) sempre più ampi come le quarte e le quinte.

Questa continua sperimentazione fa sì che i canti spontanei diventino più lunghi tra i 2 e i 3 anni quando le invenzioni cominciano a mostrare un’organizzazione interna più accurate.​

A due anni e mezzo, sembra che il bambino abbia assimilato il concetto in base a cui la musica va costruita attorno a un piccolo insieme prefissato di intervalli di altezze e che una sua pietra angolare è la ripetizione di configurazioni di intervalli e di ritmi. ​

In generale una caratteristica dei canti dei bambini di questa età è l’essere “privi di meta”: possono andare e venire lungo la musica che producono, senza alcun senso di fine.​

La decisione di fermarsi è in larga misura arbitraria.​

Durante questa fase di apprendimento, i bambini sviluppano la capacità di imitare determinate sezioni di canzoni ascoltate in precedenza ripetendo soprattutto le parole più importanti.​

RITMO E CONTORNO DELLE ALTEZZE

Intorno ai tre anni i bambini iniziano poi l’estrazione delle caratteristiche ritmiche e tonali dei canti appartenente alla loro cultura, cui seguirà la capacità di ripetere intere canzoni.

Ciò che riescono a padroneggiare tra i tre e i quattro anni è il ritmo e il contorno delle altezze, ma non ancora la capacità di riprodurre precisamente gli intervalli e di mantenere la tonalità mentre cantano​.

A poco a poco i bambini cominciano a fornire risposte corrette musicalmente.

Propongono anche piccole frasi improvvisate fino al raggiungimento di una buona coordinazione tra respiro, movimento, intonazione e ritmo dando così vita a vere e proprie conversazioni musicali.

LE CANZONI POUTPOURRI

Verso i 4 anni compaiono le cosiddette canzoni potpourri, inventate mettendo insieme frammenti melodici di canzoni diverse ascoltate in momenti precedenti.

LE CANTILENE

Solo a partire dai 5 anni la maggior parte dei bambini riesce a riprodurre cin un certo grado di accuratezza i canti familiari e le cantilene infantili.

RIFERIMENTI

W. S. Condon, L. W. Sander, Neonate movement is synchronized with adult speech. Interactional participation and language acquisition, in «Science», n° 183, 1974, pp. 99-10

H. Moog, The musical experience of the pre-school child, London, Schott, 1976.​
T. G. R. Bower, Le Développement psycologique de la première enfance, Bruxelles, Mardaga, 1978

E. E. Gordon, op. cit.; J. A. Sloboda, La mente musicale, Bologna, il Mulino, 1998; J. Tafuri, op. cit.; F. Delalande (a c. di), La nascita della musica. Esplorazioni sonore nella prima infanzia, Milano, Franco Angeli, 2009)

J. Kagan, M. Lewis, Studies of attention in the human infant, in «Merrill-Palmer Quarterly Behavioral Development», n° 11, 1965, pp. 95-127. 

H. Chang, S. E. Trehub, Auditory processing of relational information by young infants, in «Journal Experimental Child Psycoogy», n° 24, 1977a, pp. 324-31; H. Chang, S. E. Trehub, Infant’s perception of temporal grouping in auditory patterns, in «Child Development», n ° 48, 1977b, pp. 1666-70)

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